Le migliori cantine vinicole del Salento
In Salento, il vino è tradizione e cultura, e le cantine ne sono l'istituzione esecutiva: tour nelle vigne più belle del Salento Jonico
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action or later. Please see Debugging in WordPress for more information. (This message was added in version 6.7.0.) in /web/htdocs/www.apochipassi.it/home/wp-includes/functions.php on line 6114Oggi, il Salento e la tradizione enogastronomica sono decantate in tutto il mondo. Il pasticciotto potrebbe assurgere a nuovo vessillo del territorio, il gambero viola di Gallipoli è servito in tutti i menù d’Italia e la puccia ormai la si può trovare anche a Roma o Milano.
Ma un tempo, anni e anni fa, non era così. Il Salento non era ricco né conosciuto, era un luogo fatto di contadini orgogliosi e tenaci che non disponevano di materie prime pregiate come carne o pesce. Mangiavano ciò che non vendevano, quello che rimaneva dai raccolti che venivano dati ai proprietari feudali.
In effetti, analizzando la storia e le ricette della vera tradizione salentina, quello che viene fuori è un insieme di piatti dal fortissimo retaggio di terra, di cucina povera, fatta di recupero e di inventiva.
“A pochi passi” vi offre un menù completo dei 5 ricette di terra tradizionali del Salento, quello vero e coriaceo. Dall’amuse bouche al dolce, come in un vero e proprio ristorante.
Amuse Bouche: le pittule
Quando avanzava l’impasto del pane, quello più liquido e magari lievitato in maniera strana, piuttosto che gettarlo si è provato a friggerlo. Il risultato? Grandioso. Se ne frigge circa un cucchiaio a pittula, quindi si avranno delle sfere un po’ deformate dal calore dell’olio, ma buonissime. Col tempo, le pittule sono state nobilitate dall’aggiunta di diversi ingredienti inseriti direttamente nell’impasto: baccalà, cavolfiore, olive. Ma le originali son quelle: farina, acqua, lievito. Niente più.
Antipasto: paparine cu lu lapazio
Traduzione: i papaveri non fioriti, insieme al lapazio, altra erba selvatica, vengono saltati in padella insieme ad aglio, olio, peperoncino e olive. Il sapore è intenso e tagliente, perdura sul palato il senso ruvido delle verdure campagnole. Abbinato ad una bella puccia, o a del pane grigliato rigorosamente paesano, come antipasto è la perfezione.
Primo: ciceri e tria
La pasta del Salento. La tria è una delle paste più antiche presenti nel novero della ristorazione, e in Salento ciceri e tria sono l’equivalente della carbonara a Roma, in termini di popolarità e ancoraggio alla tradizione locale. Le trie sono una sorta di tagliatella ma più larga e soprattutto più grossolana, un po’ stramba, quasi elicoidale. L’abbinamento con i ceci, lasciati un po’ brodosi per mantecare la pasta, è spettacolare, come è d’impatto la peculiarità principale di questo piatto: una parte di pasta si frigge e si mette a decorazione dell’impiattamento.
Secondo: polpette di seuche
Le seuche sono le bietole selvatiche, e vengono raccolte primariamente in inverno. Queste polpette vengono realizzate cuocendo le suddette seuche, tritandole e mischiandole agli altri ingredienti come se fossero le classiche polpette di carne: uova, formaggio, pane raffermo bagnato con latte o acqua, prezzemolo, sale e pepe. Vengono poi rigorosamente impanate e fritte, ma l’impanatura deve essere moderata: il sapore delle seuche deve essere persistente.
Dolce: porceddhruzzi
I porceddhruzzi in realtà sono una ricetta comune a diverse città meridionali: a Napoli sarebbero struffoli, a Taranto sono i sannacchiudere, e si tratta di un impasto preparto con farina, succo e bucce di agrumi, vino bianco, zucchero, lievito, olio e sale. Vengono fritti e cosparsi nel miele una volta che gli viene data una forma, che ricorda a tratti il naso di un maiale. Si tratta di un dolce prettamente natalizio, ma che ai tempi aveva il suo perché anche in altri periodi dell’anno.