Boat Love Experience: consigli su come passare una romantica giornata in barca in Salento
Diciamolo a chiare lettere: bello il lido, gli ombrelloni, il chiringuito, ma a volte c’è bisogno di isolarsi dal caos […]
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action or later. Please see Debugging in WordPress for more information. (This message was added in version 6.7.0.) in /web/htdocs/www.apochipassi.it/home/wp-includes/functions.php on line 6114Ogni tanto nel mondo culturale c’è un’ondata tematica che si abbatte sulle produzioni creative di musicisti, pittori, registi, scrittori. Possono essere la guerra, la rivoluzione industriale, i flussi migratori e persino le storie di malavita. Si chiamano filoni narrativi, in cui lo stesso tòpos viene declinato con stili e trame diverse, ma che sottintendono un’uniformità di fondo. Ad esempio, ciclicamente nascono storie che richiamano ad uno stile di vita anticonvenzionale, contro il sistema: Easy Rider, Into The Wild e, più di recente, il premio oscar al miglior film NomadLand ne sono gli esempi migliori.
C’è però la finzione cinematografica, e poi c’è la realtà. Le storie vere, estreme, di chi ad una vita perfettamente integrata nelle dinamiche sociali dominanti sceglie un’alternativa eccentrica, visionaria, per non dire folle.
Questa è la storia di Vincent Maria Brunetti e della sua Vincent City, a Guagnano.
Guagnano, 5mila abitanti. La Chiesa Madre barocca dedicata alla Madonna Assunta, la piazza lastricata di pietra bianca. Sole che spacca i palazzi. Entroterra pieno. Nota da segnalare: il museo del Negramaro e la presenza di una succursale della sede di Tenute Émera, Moros.
Ma Guagnano è da anni una meta fissa per gli amanti dell’arte, per chi ama cercare una spiritualità libera, per tutti coloro i quali la rivoluzione del colore, del suono e della passione generata dagli hippy non è mai terminata. La società li giudicherebbe con sterile superficialità come fricchettoni, quando semplicemente sono persone che vogliono vivere senza pregiudizi e preclusioni mentali.
Perché, direte voi, torme di persone passano da questo piccolo paese? Perché Vincent Brunetti, artista autoctono ma dal respiro internazionale, ha costruito sui suoi terreni una maestosa cattedrale creativa, Vincent City, “dove tutto è lecito e niente è permesso” parafrasando W. S. Burroughs.
Oltrepassando la stazione di Guagnano, svoltando per stradine e tratturi polverosi, si arriva in via Case Sparse, e si trova una cancellata addossata ad un muro di piastrelle colorate che compongono la scritta “IL REGNO DEI CIELI È IN MEZZO A VOI – BEATI I MITI PERCHE’ EREDITERANNO LA TERRA – I LOVE YOU FOREVER”. Se oltrepassate questo cancello, vi immergerete completamente nella realtà multicolor, straniante e leggendaria di Vincent. Ma chi è Vincent Brunetti?
Vincent Maria Brunetti è un artista nato a Guagnano, classe anagrafica 1950. Dopo aver studiato alla Scuola d’Arte di Lecce, decide di emigrare verso nord, prima a Torino e poi a Milano. Conobbe e frequentò i principali esponenti della scena artistica milanese di quegli anni: Francesco Messina, Giacomo Manzù, Arnaldo Pomodoro. Un’esistenza verticale, quella di Vincent, che ha attraversato diversi periodi personali, dalla pura liberazione artistica al riavvicinamento con la religione, dall’isolamento in un trullo di Noci (murgia barese) fino alla costituzione della sua più grande opera d’arte: Vincent City, il suo Eremo privato.
Entrando nella proprietà di Vincent, l’impatto sarà devastante perché vi sembrerà di essere in un mix tra il Park Güell e uno di quei sogni strani, lynchiani, dove le cose intorno a voi hanno colori strani, forme irrequiete, e su tutto dominerà il cielo azzurro poderoso del Salento, la terra polverosa vi restituirà un senso di sacralità. La facciata frontale vi lascerà senza fiato, sontuosa e delirante, con le statue di icone sante, putti e aquile che planano sulla scritta IN HOC SIGNO VINCES.
Ci sono diverse strutture e tantissime stanze, Vincent ha il suo atelier dove compone e dipinge e balla, in performance dal vivo che svolge per i visitatori. Al piano superiore c’è tutta la collezione dei quadri di Vincent, alcuni davvero impegnativi, sempre inquadrati in cornici estreme.
Al netto del giudizio artistico che si può dare sulle opere di Vincent, e non sarebbe questa la sede, di fatto quel che conta non è il prodotto finale, ma la filosofia, il modus vivendi di Vincent che soggiace dietro ogni pietra posata, ogni pennellata e ogni statua scolpita. In un bellissimo documentario artistico, Viaggio In Italia di Ray Banhoff, curato dal blog controculturale Write And Roll Society, c’è un pezzo in cui Vincent parla senza filtri di sé stesso e della sua casa:
“Io ho realizzato il sogno dell’umanità intera: l’uomo libero. Vivo qui dentro da 24 anni come se fossi immune da un mondo esterno, ho creato il mio regno alternativo. Vivo di arte, i miei quadri vanno in giro, ho fatto oltre 44mila opere nella mia vita con la casa, che è la mia opera principale, scenografica, primaria. Qui dentro non ci sono prigioni. Fosse per me non ci sarebbero né prigioni, né giudici, avvocati, sono fuori dalla mia orbita di pensiero, non esistono. Il messaggio della casa è mostrare a tutti qual è la vera libertà dei figli di Dio, ossia vivere senza fare danni agli altri. Il fascino oggi è non puntare sulla visibilità, quanto sull’invisibilità. Cioè la felicità sta nel contrario. Molti pensano che la felicità sia possedere le cose, accumulare tutto. Non è così. Certe volte è non avere niente che è la felicità.”